Glossario di dialetto umbro: 'ntrallacchenno, tertichenno, jòne, sune, tècco e diécca
La rubrica sul dialetto umbro iniziata sabato scorso, la cui prima parte potete rileggere alla pagina Glossario di dialetto umbro: 'cciaffatu, 'llamatu, cuscì, tuscì, lu ferru , aggiunge, oggi, nuove parole.
Il dialetto umbro è un idioma dai confini particolari e, come ha detto un mio lettore, si può definire "etrusco, umbro non umbro e umbro".
Ogni settimana, a voi piacendo, riporterò voci di verbi, aggettivi, nomi comuni, avverbi ed espressioni che contribuiscono a colorare la nostra più vasta lingua italiana e a identificare storia e pulsioni di un territorio (quello preso in esame si trova nell'Umbria sud orientale).
Ecco, dunque, due verbi e, subito dopo, cinque avverbi di luogo:
'ntrallacchènno: gerundio del verbo 'ntrallacare, col significato di muoversi a tentoni, barcollando, in modo instabile. L'avverbio corrispondente è 'ntrallacconi. La desinenza del gerundio -ando diventa -enno, come nelle altre due coniugazioni verbali che terminano in -ere e -ire.
"Va 'ntrallacchenno come un abbacchittu, se vede che porta 'na sbornia!" (Cammina come un agnellino, si vede che è ubriaco!")
'tertichènno: gerundio del verbo 'terticare', tremare, vibrare, muoversi in qua e là. La desinenza del gerundio si comporta come nella parola precedente. " Fa lu terremoto e terticano le case o puramente te tertica un dente che se caccia, come te possu terticà le mani quanno sei vecchiu" (C'è il terremoto e le case tremano, oppure ti trema un dente che deve cadere, come ti possono tremare le mani quando sei vecchio), "Va tertichenno la capoccia, non je ne va bene una" (Va muovendo la testa, non ne approva nessuna)
jòne, sune: avverbi di luogo con tipico suffisso -ne rafforzativo. Significano giù e su e fanno coppia con lane (là) e quane (qua); "Qual è la strada per Roma, signore?" " Sta jòne, un po' più lane de quane e poi vai sune, piano, piano"
tècco, tèllo e diecca: avverbi di luogo; i primi due significano qui e là, il terzo significa qui intorno. Tècco può essere accompagnato da jòne, da sune e rafforzato da qua e là. Tèllo, invece, è usato da solo. Anche diecca a volte è accompagnato da jò (giù), da su e da là. "Do' vado? Tècco, là tello non ce vo de sicuru, dice che ce stanno certe vespe. L'hanno viste che giravano diecca..." (Dove vado? Qui, di là non ci vado di sicuro, si dice che ci siano delle vespe. L'hanno viste aggirarsi qui intorno...)
(Appuntamento a sabato prossimo)