Doveva essere Evaristo ma fu Avariste
Nel primo Novecento le anagrafi comunali erano ricche di nomi originali: alcuni erano frutto della fantasia, in altri casi capitava che i neonati si trovassero assegnata la storpiatura di un nome più diffuso. Ultimamente mi sono imbattuta proprio in uno di questi: un curioso Avariste che, escluso fosse francese, forse doveva essere Evaristo.
La maggior parte della popolazione sapeva appena leggere e scrivere e, talvolta, nel tentativo di trovare nomi singolari che si discostassero dai consueti riferimenti famigliari o dai nomi dei Santi, li cercava altrove. Quei nomi nuovi, ascoltati chissà dove, potevano divenire ortograficamente stravaganti a causa di chi li imponeva o di chi li avesse annotati con una forma incorretta. Insomma gli sbagli erano sempre in agguato e tra le pagine dei registri comunali le storpiature sono ancora evidenti.
Nomi ufficiali e nomi pronunciati
Le trasformazioni dei nomi di persona non si avevano, però, solo al momento della registrazione degli atti di nascita. Anche se i documenti venivano scritti correttamente, una volta usciti dall'ufficialità, i nomi subivano un'inevitabile e veloce modificazione fonetica che li adattava alla lingua dialettale del luogo. Di seguito riporto quanto accadeva ancora negli anni '60-'70 del Novecento in Umbria a Vallo di Nera e dintorni.
Sirvia, Arfio, ‘Nzermo
Chi si chiamava Silvia, pur se registrata correttamente all'anagrafe, nel paese diventava subito Sirvia e come lei (secondo quel fenomeno conosciuto come rotacismo che colpiva spietatamente tutti i nomi contenenti al loro interno una lettera “elle” trasformata in “erre”) subivano lo stesso cambiamento Sirvestro, Erda, Ervira, Orga, Fidarma, Mirvio, Ardo, Crito, Prinio, Arfio e ‘Nzermo (Anselmo).
A quest’ultimo oltre alla “erre” veniva cambiata anche la “esse” e la lettera iniziale. Il parlato quotidiano provvedeva ad adattare tutto ciò che divergeva dai canoni della pronuncia usuale, lasciando la corretta dizione solo alla versione scritta.
Maria, Marietta, Mariucciona
Nel paese, c'era una lunga serie di Marie, distinte in Mariettina, Marietta de Olga, Marietta de Erda, Marietta de Sciattone, Marietta de Fiòcco, Mariòla, Maria Longa, Mariucciona, Maria de Giggi, Maria de Camillo, Maria de Peppe, Maria de Craudio, Maria de lu Negusse, Maria d’Ernesto (detto 'Ngiongica) e Annamaria. C'erano anche diverse ‘Nunziata: una era la moglie de Livio, una de Sbeppi (Giuseppe), una de Decio, una de 'Gisto e una, molto più giovane, che veniva chiamata ‘Nunziatina. Non mancava ‘Nunziatona, anch’essa con l’iniziale troncata e l’inizio del nome con la enne. Pure Giuseppe era un nome diffuso: per brevità diventava nella maggior parte dei casi Peppe o Peppone e il femminile Giuseppina diventava Pippina o Peppa o Pina.
Scènzo, Berdante e Diodòro
Alcuni nomi con iniziale "A" seguita da consonante (come vedremo anche più avanti) venivano decapitati: Ascenzio nel parlato diventava Scènzo; Settimia era Sittimmia, mentre Achille era Acchille.
Berdante all’anagrafe era registrato come Oberdan e sua moglie come Angela, ma da tutti veniva chiamata ‘Ngilinetta, mentre il cognato Marino nel parlato aveva acquisito la finale umbra della U al posto della O, diventando per l’appunto Marinu.
Chi si chiamava Emilio veniva chiamato Millio, raddoppiando la elle come per Elia che diveniva Ellia e Liliana Lilliana; a Costanza veniva aggiunta una "i" per farla diventare Costanzia, mentre Cecilia ed Elisabetta erano conosciute come Cicilia e Lisabetta. Virginia, invece, era Verginia, Ferminia Firmigna.
Anche se nei registri municipali il nome era giusto, dunque, la lingua quotidiana imponeva le sue regole di pronuncia. Esterina era Stirina, Benvenuto Binvinutu, Valentino Valindinu, Teodoro Diodoro, Agostino Acostino, Augusto Acustu, Giacomino Giacuminu.
Crecorio, Dargisa e Crurindia
Ma ce n’erano anche altri di nomi sottoposti alla storpiatura parlata.
Il nome di Gregorio diventava Crecorio, mentre chi si chiamava Antonio aveva la possibilità di due varianti fonetiche: ‘Ndoniu o Andoniu, con le T sempre trasformate in D e la caduta della vocale iniziale, mentre Adele, al contrario, era Atele. L’iniziale cadeva anche a ‘Gnese (Agnese), a ‘Triano (Adriano), a ‘Dargisa (Adalgisa), a ‘Urellia (Aurelia), ‘Ppellonia (Apollonia), a ‘Ngilinu (Angelino) e pure a ‘Ngelica (Angelica) come a tutti i nomi dove la lettera "A" era seguita da consonanti.
L’elegante Leonilde subiva più di una modifica diventando Liunirda e come questo nome anche quello di Clorinda seguiva lo stesso processo diventando Crurindia. Alessandro era Lisandro, Caterina Catarina, Filice e Filicina, Rico e ‘Ngilina; Giovanni era Joanni alla latina, Luigi raddoppiava le "G" diventando Luiggi o Giggi mentre Paolino sentiva le sue "O" trasformate in "U" diventando Paulinu. Paulinu d’Uggenio (Eugenio) e de Maria Longa, per essere proprio precisi. Per Tosolina stessa trasformazione in Tusulina.
Mi sembra ancora di vedere molti di loro camminare pe mezzu Valle là ovvero lungo la via centrale del paese di Vallo di Nera , per andare alla bottega de Virgillio, detto Lu Siccu, o là lu spacciu de Memmo, soprannominato Batojo (adattamento dialettale del generale Badoglio), a comprare una scartata di conserva.
Misteri della lingua parlata.
Poi arrivarono la tv, internet, le canzoni e i nomi moderni e tutto cambiò, non senza fantasia però.
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