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Un diario dove annoto, con testi e foto, le tradizioni dell'Umbria, i miei pensieri sull'attualità, qualche buona ricetta e le tante curiosità che attraggono la mia attenzione. Buona lettura. Agnese Benedetti

28 Jan

Dialetto umbro: tratufani, statarecci, caciòle e callafredda

Pubblicato da berenice.over-blog.it  - Tags:  #Dialetto umbro

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Chi non ha mai assaggiato i tartufi? E chi non ci farebbe un pensierino anche ora mentre sta leggendo? Magari dentro una frittatina o insieme a due strengozzi o meglio ancora in salsa condita con l'olio, aglio e il sale sul pane abbrustolito?

Oggi la rubrica del dialetto umbro si occupa di tartufi, di quei particolari funghi sotterranei che si trovano tutto l'anno in diverse specie e varietà. Sono di colore nocciola quelli conosciuti come 'bianchi' e di colore marrone-nero quelli chiamati 'neri', che a loro volta presentano numerose varianti. Il mese di gennaio è il periodo di massima raccolta del tartufo nero pregiato, conosciuto scientificamente come Tuber melanosporum Vittadini, e l'Umbria è una delle regioni d'Italia in cui vengono prodotti più tartufi. Dell'Umbria per il tartufo nero, la Valnerina e Norcia insieme alla zona di Spoleto e del monte Subasio, sono senz'altro le terre maggiormente vocate. Il bianco, invece, che si raccoglie soprattutto in autunno, trova il suo habitat naturale nelle zone dell'Eugubino, del Tifernate e nell'Orvietano, con alcune presenze nella Valle Umbra. Nell nord dell'Umbria viene chiamato trifola.

 

Tratufani: i tartufi, appunto. Con questa voce dialettale (ma il termine era usato già nel 1400 negli statuti di Spoleto)  i raccoglitori più anziani della Valnerina sono soliti chiamare gli squisiti e odorosi frutti della terra, che nascono e crescono nelle tratufanare o tartufanare o tartufare, in italiano tartufaie, particolari zone del bosco dove il tartufo e una pianta ospite (roverella, nocciolo, leccio, faggio, ecc.) vivono in simbiosi. Più tartufanare formano una cava. I tartufi un tempo si raccoglievano con l'ausilio del maiale che veniva attratto dal forte odore dei frutti maturi oppure osservando le mosche rossastre che si posavano al di sopra delle tartufaie. Oggi i tartufari li ricercano con i cani appositamenti addestrati.

Venduti a prezzi abbastanza alti, i tartufi per i territori di montagna sono stati una risorsa economica consistente, anche se oggi le tartufaie spontanee sono quasi scomparse del tutto a causa dei cambiamenti climatici, dell'abbandono delle campagne e come conseguenza di una massiccia e a volte selvaggia raccolta che ha distrutto gli ambienti naturali. Al loro posto sono state impiantate le tartufaie artificiali che danno il medesimo prodotto ma che hanno bisogno di notevoli cure per garantire la raccolta.

"Quanno jii a vénne li tratufani lu commerciante te dicìa: quistu è fraciu, quill'ardru è gelatu, quist'ardru è...s'acchiappavano su tuttu e pu' nun te vulìano pagà gnente". Quando andavi a vendere i tartufi il commerciante ti diceva: questo è fradicio, l'altro è congelato, quest'altro...loro intanto prendevano tutto e poi non volevano pagarti niente.

 

Statarecci e scurzuni: gli statarecci (da estate) sono i tartufi estivi, scientificamente chiamati Tuber aestivum Vittadini che si raccolgono da giugno a settembre, sempre di colore nero. Gli statarecci sono detti pure scurzuni (scorzoni), per via della buccia a verruche grandi, piramidali, meno liscia di quella del pregiato. Scorzoni sono anche i tartufi autunnali-invernali conosciuti col nome dotto di tartufo uncinato. Il prezzo  degli scorzoni estivi e invernali sul mercato è notevolmente inferiore a quello dei tartufi neri pregiati. "Certe vorde toccava esse un po' birbuni, li scurzuni se mischiavano co quilli boni e pe confonne ce appiccicavi un po' de terra" Certe volte bisognava essere un po' birboni, gli scorzoni si mischiavano con quelli pregiati e per camuffarli ci si appiccicava un po' di terra sopra.

 

Caciola: tartufo piccolo di colore nocciola, scientificamente denominato  Tuber excavatum Vittadini, dal forte sapore agliaceo; in Italia non è commerciabile. "Ho giratu tantu e ci ho la catana vòta, lu cane m'ha 'rportato giustu du' caciòle!"  Ho camminato tanto e ho il tascapane vuoto, il cane mi ha riportato solo due caciòle.Foto050.jpg

 

Balletta: sacco di juta usato in agricoltura per contenere e trasportare i prodotti come grano, frumento vario, patate, legumi e, naturalmente, anche i tartufi. Solo i più grandi e rotondi venivano infilati nella balletta per la vendita al mercato, gli altri più piccolini formavano la capatura, che veniva usata nella cucina domestica. "Fino a quarant'anni fà  se ne troavano a ballette, adesso ce vanno tutti e l'hanno strigate!" Quarant'anni fa si raccoglievano sacchi pieni di tartufi, oggi dopo la liberalizzazione ci possono andare tutti e le tartufaie sono state distrutte.

 

Callafredda: rapido temporale estivo che si alterna a periodi di caldo e che, bagnando la terra in poca profondità senza ristagnare, favorisce la nascita e la crescita dei tartufi. "L'istate passata gnente callefredde e st'imberno pochi tartufi. Se li vòi 'ssagghià te tocca pagà caru!" L'estate scorsa niente callefredde e quest'inverno niente tartufi, se li vuoi assaggiare un caro prezzo devi pagare.

Sconsolante, ma c'è uscita anche la rima.

Uovo al tegamino con tartufo bianco

 Puoi leggere anche  Dialetto umbro: lecacciòla, sciuerta, spormonasse, pizzulittu, sfrizzuli  e precedentiArrivederci a sabato prossimo. 

 

 

 

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