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Un diario dove annoto, con testi e foto, le tradizioni dell'Umbria, i miei pensieri sull'attualità, qualche buona ricetta e le tante curiosità che attraggono la mia attenzione. Buona lettura. Agnese Benedetti

21 Jul

Il mio canto libero

Pubblicato da berenice.over-blog.it  - Tags:  #I nuovi italiani

Continuano i ritratti degli stranieri di seconda generazione, ragazzi immigrati in Italia al seguito dei genitori o nati proprio nella nostra penisola. Voci per far conoscere e sollecitare riflessioni su una società che cambia.

Il mio canto libero

 

                                        MAPPA-20Repubblica-20dominicana.jpg  

 

Abitano lungo la via che costeggia la chiesa, proprio sotto l’imponente torre civica del paesotto di campagna.

 Franzisca e Santiago sono emigrati dalla Repubblica Dominicana, dalla provincia di Valverde e ora si trovano in Italia, in Umbria, con le loro tre giovani figlie: Jennifer, Sara e Stefani. Franzisca è stata la prima ad arrivare in Italia al seguito di altri familiari e ha trovato lavoro come badante presso alcune persone anziane. L’acquisto di un vocabolario non l'ha aiutata più di tanto, i primi mesi, nei problemi con la lingua: cercava le parole così come le sentiva pronunciare e non riusciva ovviamente a trovarle. La prima parola che ricorda di aver inseguito vanamente, e poi imparato, fu “schifosa”, che le veniva ripetuta con impazienza e frequenza dalla signora anziana stufa di non poter scambiare con lei un minimo di conversazione. Quella incomprensione portò alla rottura del primo contratto.  Dopo qualche tempo  le cose migliorarono e anche  il marito e la figlia di sei anni raggiunsero Franzisca in Italia. Le altre due piccole, Sara e Stefani, invece, sono nate nel nostro Paese.

Mamma Franzisca oggi lavora in un ristorante e accudisce la casa di una signora anziana oltre alla propria. Sa cucire a macchina, cucinare piatti italiani e dominicani. Santiago, il marito, lavora in una ditta edile, è conteso dai paesani per l’abilità nei lavoretti artigianali, ha molti amici ma si lamenta del costo della vita, in particolare delle bollette dei servizi di energia elettrica e riscaldamento. Critica anche la troppa burocrazia e le contravvenzioni stradali che trova eccessive. Fosse stato per lui sarebbe anche rimasto a Esperanza dove lo stipendio quasi gli permetteva di avere lo stesso tenore di vita. Ma la signora non è d’accordo, lei preferisce l’Italia.

La casa, in affitto, è spaziosa e sulle pareti sono appese grandi foto delle ragazze, immortalate nel giorno della prima Comunione e durante un balletto di danza classica. Mi offrono caffè, succo di frutta e caramelle all’anice, sono molto disponibili e cortesi e raccontano volentieri la loro esperienza.

Ogni anno per le vacanze tornano nella Repubblica Dominicana con un viaggio aereo di undici ore, da Fiumicino a Santo Domingo con scalo a Madrid o a Parigi. Mangiano cibi  italiani e dominicani, piatti come lasagne o il riso lessato e poi cotto a fuoco basso con l’aggiunta di fagioli, carne e insalata. Santiago dice che solo questo riso, cucinato con la ricetta dominicana, riesca a saziarlo veramente.

Le tre ragazze sono diverse l’una dall’altra.

La maggiore, Jennifer, non ama l’Italia, ha lasciato gli studi all’istituto alberghiero scoraggiata dopo una bocciatura e una sospensione del giudizio su alcune materie che ha trovato difficili da studiare. Si è messa a lavorare in una pizzeria nel paese vicino per non pesare sulla famiglia alla quale riconosce tanti sacrifici. Il padre, preoccupato da droga e delinquenza, confessa di trovare questa soluzione appropriata a una ragazza, che così resta nelle vicinanze di casa, mentre la mamma non approva la rinuncia a studiare. Jennifer si sente dominicana, sogna di andare a vivere a New York. Dice di aver avuto molti disagi in Italia, primo fra tutti l’intolleranza al colore della sua pelle. A scuola non si è trovata bene, racconta di graffi, schiaffi ricevuti da due compagni alle elementari, di essere stata cacciata quando si avvicinava per giocare, di lanci di acqua cessati con l’intervento dei carabinieri. Ora però quei ragazzi, un tempo bambini avversi, sono diventati dei buoni amici. Trova che in Italia ci siano troppe leggi, che sembra di stare in una gabbia, contesta il fatto che per guidare il motociclo sia necessario un patentino, lamenta che si pagano troppe tasse e che i guadagni del lavoro vanno     per metà allo Stato, che le istituzioni aiutano solo se si fa domanda e non spontaneamente. La vita nel paesotto le sta un po’ stretta, sente la mancanza di autobus pubblici frequenti per muoversi (forse pensa ai guagas dominicani che fanno fermate su richiesta), dice che c’è razzismo e diffidenza. “Gli stranieri si devono cercare gli amici e gli italiani li respingono”. Si proclama atea. I suoi compagni sono prevalentemente rumeni, marocchini, algerini, difficilmente italiani che non sceglierebbe neppure per avere una storia sentimentale: “Non ci capiremmo mai”. Poche grandi passioni italiane: la musica di Lucio Battisti e le parole del suo “Canto libero” (…in un mondo che prigioniero è…), la pizza e gli spaghetti.

A Sara, secondogenita nata in Italia, questo Paese piace quanto la Repubblica Dominicana. A scuola si è trovata bene, frequenta la quinta elementare ed è piuttosto brava. Parla un italiano corretto come le altre sorelle. Sogna di fare l’infermiera ma ritiene sia meglio conseguire una laurea e svolgere la professione di avvocato. Dell’Italia apprezza tutto, ma vivrebbe volentieri anche a Londra, crede nella famiglia. Anche a lei qualche volta è capitato di sentirsi dire con disprezzo “nera, nera” anche se la sua pelle è bianca come quella della mamma e della piccola Stefani: anche se il colore non dovrebbe fare differenze in questo mondo di etnie variegate. Ma Sara è serena, non si sente una vittima e dice di essere italiana come le altre sue compagne.

Stefani, la piccola, ha un nome che “si può scrivere anche con il ph all’americana”, come mi fa osservare sua madre. Ha otto anni, frequenta la terza classe della scuola primaria. Ha gusti precisi nel campo della musica internazionale e da grande dice che farà la parrucchiera, anzi vorrebbe anche imparare a suonare il pianoforte. E’ nata in Italia e pur nell’incertezza della sua giovanissima età condivide le opinioni della sorella maggiore: andare, migrare.

(Leggi anche Un ingegnere e un meccanico dall'India  e I nuovi italiani: Hasime e Hasim   ) 

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