Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

Un diario dove annoto, con testi e foto, le tradizioni dell'Umbria, i miei pensieri sull'attualità, qualche buona ricetta e le tante curiosità che attraggono la mia attenzione. Buona lettura. Agnese Benedetti

17 Apr

Dialetto umbro: cargagnu, stincu e ossu pazzu

Pubblicato da berenice  - Tags:  #Dialetto umbro

Possono le varie parti del corpo sfuggire alle espressioni vernacolari? Sicuramente no e allora ecco, di seguito, un variegato compendio di anatomia umana declinato in dialetto umbro (quello parlato nella zona sud-est della Regione). Si comincia dall'arto inferiore dove ci sono lu cargagnu, l'ossu pazzu e lu stincu, parti fondamentali dell'architettura di sostegno.

Ma del piede non si può trascurare lu ditone (quello che ufficialmente si chiama alluce), il quale, porzione assai sensibile, è in grado di produrre sofferenze ed espressioni indicibili quando malauguratamente viene calpestato.

Dialetto umbro: cargagnu, stincu e ossu pazzu

Superata la groppa de lu piede (il dorso) si incontrano, dunque, lu cargagnu (il calcagno), l'ossu pazzu che è il malleolo, indifferentemente mediale o laterale, e lu stincu (la tibia) spesso usato anche al plurale nell'esclamazione: "te meriti un cargiu llà li stinchi!", dove cargiu sta per calcio.

Arrivati al ginocchio, che è una parte delle zambe (zampe come quelle degli animali), ecco la rotella (ovviamente la rotula) e più su, superata la coscia, la noce de lu prisciuttu ovvero la testa del femore che è analoga all'osso rotondo del prosciutto di maiale.

Da lì, si passa alla Vergogna nelle femmine e all'intesticoli nell'uomo e, tralasciando qualcosa d'importante perchè ci vorrebbe una trattazione a parte, si gira sul di dietro e si arriva alle creste (o crespe) de lu culu, espressione citata persino dal grammatico Francesco Alunno nel suo libro "La fabrica del mondo" pubblicato a Venezia nel 1581. 

Se il coccige è detto coarone (da coda), l'osso sacro è il checcherone, parte sommitale del sedere chiamato anche checchereché.

L'ombellicolo è l'ombelico, le costore sono le costole, la groppa è la parte alta della schiena che termina in alto con le palette (le scapole) e co lu capucollu o ossu der collo ovvero le vertebre cervicali.  

Sul davanti, dentro la trippa ci sono le budella, la mirza, lu stommaco o stommico, lu fecato e la cistifiele (colecisti o cistifellea); più su lu còre e li purmùni; davanti le pocce (le mammelle) con i caporelli (i capezzoli) e, salendo oltre le clavicole, lu cannarozzo (che è la faringe). I nomi degli altri organi sono uguali all'italiano.

Nel viso trovano posto le canasse (guance), le palle dell'occhi ( i globi oculari), le fròce de lu nasu (narici) e dietro il naso le tenoiti (adenoidi), la lengua, la scucchia (il mento) e le recchie.  La calotta cranica è detta còccia o zucca e da qui le espressioni avecce la còccia dura (alla comprensione o agli urti), capelli a rasa còccia (cioè tagliati cortissimi) o a zucca pelata (caduti del tutto).

In fondo a li bracci (braccia) ci sono li purzi (i polsi) e le mane (mani) e l'ogna su le deta (unghie delle dita), mentre indistintamente tutti i vasi sanguigni sono detti vene, compresa l'aorta chiamata, appunto, vena aorta anche se è un'arteria. Quando i piccoli vasi sanguigni si rompono sulla pelle appaiono le mòre, che non sono signore dai capelli bruni ma lividi di colore violaceo.

 

 

 

 

Archivi

Sul blog

Un diario dove annoto, con testi e foto, le tradizioni dell'Umbria, i miei pensieri sull'attualità, qualche buona ricetta e le tante curiosità che attraggono la mia attenzione. Buona lettura. Agnese Benedetti