Dialetto umbro: bardascia, bardasciu
Tra i sostantivi ricorrenti del dialetto umbro, nell'area sud-orientale della Regione troviamo la parola bardàsciu e le sue declinazioni: bardàscia al femminile, che diventa bardàsce al plurale, così come bardàsci è il plurale maschile.
Nomi che scalpitano per irruenza giovanile, giacché bardasciu significa ragazzo e bardascia, ragazza. Entrambi derivano dal persiano bardal, che in arabo diventa bardag e indica lo schiavo o la schiava giovani.
Dai nomi primitivi si passa agli alterati con bardascetta e bardascittu (l'accento cade sempre sulla penultima sillaba), bardasciona, bardasciòtto, bardascettàcci.
"Poru bardasciu, è sfurtunatu" (povero ragazzo è sfortunato); "na bardascia che non je se po' dì gnente" (una ragazza a cui non si può rimproverare niente); "sti bardascettacci vanno facenno li scherzi" (questi ragazzacci vanno facendo gli scherzi), "Nunziata era 'na bardasciona, arda e gròssa che ce vulìa na scala pe 'rrialla" (Annunziata era una ragazzona alta e robusta, che ci voleva una scala per arrivare a lei)
Il nome bardasciu è comune a diverse regioni italiane: Umbria, Abruzzo, Lazio, Marche e Campania e quindi appartiene a un'area abbastanza estesa.
In Umbria, a Spoleto, bardasciu si pronuncia vardasciu per un fenomeno diffuso di spirantizzazione che trasforma la -b in -v; a Terni bbardasciu ha il raddoppiamento dell'iniziale.
Cari bardasci mia eccoce, émo finitu.
(Cari ragazzi miei eccoci, abbiamo finito)
Agnese Benedetti