La Pasqua del 1963
Ero ancora nel grembo di mia madre il 14 aprile del 1963, la domenica di Pasqua. Sarei nata tre mesi dopo in luglio. Era ancora Papa Giovanni XXXIII, Angelo Giuseppe Roncalli, il Papa buono.
A Vallo di Nera - quello che sarebbe diventato il mio paese - anche quel giorno come a ogni Pasqua gli abitanti si recarono devotamente in Processione verso l'Immagine delle Forche, la piccola chiesa di campagna costruita nel XV secolo per scongiurare una pestilenza.
Una rara foto, custodita da Adele Giovannini ricorda proprio quella data.
Tutto il paese incedeva in fila, recitando e cantando le preghiere che don Francesco Roscini, parroco di Vallo, intonava a gran voce. Un tempo la Processione giungeva fino all'eremo di Sant'Antonio, ma quando l'ultimo eremita era scomparso anche il corteo sacro aveva ridotto il percorso.
Nella piccola chiesa dell'Immagine delle Forche, affrescata con maestrìa dal pittore spoletino Jacopo Zabolino alla fine del '400, sulla parete di fondo c'è tutta la forza di un popolo stremato dall'epidemia che, pregando, chiede aiuto al Cristo tramite l'intercessione della Madonna e dei Santi protettori Rocco e Sebastiano, sempre invocati nei casi di peste.
Nell'affresco il Cristo è circondato dagli Angeli e - proprio come in un Giudizio universale - sorregge le chiavi che potranno aprire la porta della salvezza.
Tra le pieghe della tunica di un angelo, il pittore nascose un curioso portafortuna per gli abitanti di Vallo: un ragnetto a sette zampe, simbolo di buon augurio per la cessazione dell'epidemia.
Quel ragnetto è ancora lì con il suo messaggio propiziatorio a incoraggiarci in questo tempo di pandemia. Bisogna aguzzare gli occhi per vederlo, ma c'è, c'è di sicuro.