Dialetto umbro: cargagnu, stincu e ossu pazzu
Possono le varie parti del corpo sfuggire alle espressioni vernacolari? Sicuramente no e allora ecco, di seguito, un variegato compendio di anatomia umana declinato in dialetto umbro (quello parlato nella zona sud-est della Regione). Si comincia dall'arto inferiore dove ci sono lu cargagnu, l'ossu pazzu e lu stincu, parti fondamentali dell'architettura di sostegno.
Ma del piede non si può trascurare lu ditone (quello che ufficialmente si chiama alluce), il quale, porzione assai sensibile, è in grado di produrre sofferenze ed espressioni indicibili quando malauguratamente viene calpestato.
Superata la groppa de lu piede (il dorso) si incontrano, dunque, lu cargagnu (il calcagno), l'ossu pazzu che è il malleolo, indifferentemente mediale o laterale, e lu stincu (la tibia) spesso usato anche al plurale nell'esclamazione: "te meriti un cargiu llà li stinchi!", dove cargiu sta per calcio.
Arrivati al ginocchio, che è una parte delle zambe (zampe come quelle degli animali), ecco la rotella (ovviamente la rotula) e più su, superata la coscia, la noce de lu prisciuttu ovvero la testa del femore che è analoga all'osso rotondo del prosciutto di maiale.
Da lì, si passa alla Vergogna nelle femmine e all'intesticoli nell'uomo e, tralasciando qualcosa d'importante perchè ci vorrebbe una trattazione a parte, si gira sul di dietro e si arriva alle creste (o crespe) de lu culu, espressione citata persino dal grammatico Francesco Alunno nel suo libro "La fabrica del mondo" pubblicato a Venezia nel 1581.
Se il coccige è detto coarone (da coda), l'osso sacro è il checcherone, parte sommitale del sedere chiamato anche checchereché.
L'ombellicolo è l'ombelico, le costore sono le costole, la groppa è la parte alta della schiena che termina in alto con le palette (le scapole) e co lu capucollu o ossu der collo ovvero le vertebre cervicali.
Sul davanti, dentro la trippa ci sono le budella, la mirza, lu stommaco o stommico, lu fecato e la cistifiele (colecisti o cistifellea); più su lu còre e li purmùni; davanti le pocce (le mammelle) con i caporelli (i capezzoli) e, salendo oltre le clavicole, lu cannarozzo (che è la faringe). I nomi degli altri organi sono uguali all'italiano.
Nel viso trovano posto le canasse (guance), le palle dell'occhi ( i globi oculari), le fròce de lu nasu (narici) e dietro il naso le tenoiti (adenoidi), la lengua, la scucchia (il mento) e le recchie. La calotta cranica è detta còccia o zucca e da qui le espressioni avecce la còccia dura (alla comprensione o agli urti), capelli a rasa còccia (cioè tagliati cortissimi) o a zucca pelata (caduti del tutto).
In fondo a li bracci (braccia) ci sono li purzi (i polsi) e le mane (mani) e l'ogna su le deta (unghie delle dita), mentre indistintamente tutti i vasi sanguigni sono detti vene, compresa l'aorta chiamata, appunto, vena aorta anche se è un'arteria. Quando i piccoli vasi sanguigni si rompono sulla pelle appaiono le mòre, che non sono signore dai capelli bruni ma lividi di colore violaceo.