Overblog
Edit post Segui questo blog Administration + Create my blog

Un diario dove annoto, con testi e foto, le tradizioni dell'Umbria, i miei pensieri sull'attualità, qualche buona ricetta e le tante curiosità che attraggono la mia attenzione. Buona lettura. Agnese Benedetti

16 Oct

Dialetto umbro: fattu co lu runciu e rifinitu coll'accétta

Pubblicato da berenice  - Tags:  #Tradizioni, #Dialetto umbro, #Curiosità umbre

L'infinito frasario del dialetto umbro - e qui trattiamo di quel particolare  vernacolo dell'Umbria sud orientale - contiene espressioni valide per spiegare velocemente qualsiasi concetto.

Che dire di un individuo poco garbato, dai modi rozzi e sgraziati? Che è fattu co lu runciu e rifinitu coll'accétta ovvero abbozzato e rifinito con pochi accorgimenti, in modo grossolano.

Runciu e accétta sono due degli utensìli in metallo sempre presenti nella dotazione di qualsiasi agricoltore o boscaiolo.

Co lu runciu un tempo si sgrossavano i rami degli alberi, con l'accetta si abbattevano i tronchi.

Lu runciu, era un accessorio a doppia lama usato quotidianamente, tanto che lu contadinu non è sicuru se non ci ha lu runciu llà lu culu ovvero se non lo ha a portata di mano, appeso con il manico a un gancio (lu 'ppiccarunciu) pendente dalla cintola dei pantaloni, in posizione posteriore e a lame in giù, pronto per ogni evenienza. 

Più piccola de lu runciu era la ronchetta, in italiano roncola, usata per recidere rovi, pulire il sottobosco, sfoltire le fratte, fare le piccole potature, per affilare i paletti di legno per l'orto e per smurricchiare ossia tagliare le piccole fronde da impiegare, essiccate, nell'alimentazione invernale degli animali.

Un altro oggetto dotato di lama spessa e tagliente è lu marracciu, specie di roncola usata dopo l'accetta per ripulire il pezzo di legna.

La sega, lu segone e la seghetta nei lavori del bosco venivano impiegati rispettivamente: per tagliare i rami spessi (anche nella potatura degli alberi che sostenevano le viti maritate), per segare il tronco e tirare giù i tronchi, per sfrondare le frasche più piccole. Lu segone veniva manovrato da due persone, che lo muovevano ritmicamente fino all'abbattimento dell'albero.

Lu malimpegghiu era l'utensile usato per caccià li piantuni (per escavare gli ulivi).

La famiglia degli oggetti in metallo annoverava tra i coltelli anche la mannaretta, dalla lama larga adoperata in cucina ogni giorno per sminuzzare il lardo del soffritto.

Sempre per gli agricoltori, dalla fucina del fabbro uscivano anche la fargia fienara, la fargetta, lu fargione, usati ciascuno per mietere a mano il fieno o il grano e per tagliare i rovi che ostacolavano il transito e gli spini che invadevano fratte e campi da seminare.  Co la fargetta se mitìa lo granu soprammanu e sottomanu, sottomanu era più sverdu (Con la falcetta si mieteva il grano con due tecniche: sopramanu e sottomanu a seconda di come il fascio di spighe veniva impugnato. La tecnica sottomano era più veloce). 

Lu fargione lungo il manico aveva degli appoggi per facilitare l'impugnatura e veniva affilata, come tutte le altre lame  con la cote.

Lu fargione c'ia un manicu lungu come 'na pala e arriaa bene a tajà pure li spini su ardu (Il falcione aveva un manico leggero e lungo quanto una vanga e arrivava bene a tagliare i rovi che dall'alto scendevano sulle strade).

Mentre lu fir de ferro (filo di ferro) semplice serviva per legare ogni tipo di cosa, quello spinatu veniva usato nella recinzione dei campi per impedire il passaggio degli animali.

Cumère e vordarecchie, erano invece, componenti metalliche dell'aratro di legno, che trascinato dai buoi, arava i campi da somentare (seminare).

 

( Arrivederci al prossimo post con chiodi, martelli, zappe e rastrelli)

 

Dialetto umbro: fattu co lu runciu e rifinitu coll'accétta
Dialetto umbro: fattu co lu runciu e rifinitu coll'accétta
Commenta il post

Archivi

Sul blog

Un diario dove annoto, con testi e foto, le tradizioni dell'Umbria, i miei pensieri sull'attualità, qualche buona ricetta e le tante curiosità che attraggono la mia attenzione. Buona lettura. Agnese Benedetti